"Todo lo que hacemos, vuelve"


Sono su un treno in direzione di González Catan, un paesino fuori da Buenos Aires. Mi sto dirigendo là per assitere ad un rito de limpieza (rito di purificazione) officiato da un devoto di San la Muerte. Ho già incontrato questa persona, E., durante un'intervista in una delle tante caffetterie che si susseguono sull'Avedina 9 de Julio. Ho domandato se fosse possibile assistere ad un rito in qualità di ricercatrice ed E. si è mostrato fin da subito disponibile. Mi ha spiegato che oltre a riti di forma privata ne officia altri a cui potrei assistere e mi ha proposto di recarmi a casa sua in occasione del rito di purificazione di fine anno. Si tratta di un rito che celebra per tutti i devoti che lo desiderano e che, a tal fine, gli procurano una foto di familiari o amici; affinché E., attraverso il rito, possa allontanare da essi le energie negative e propiziare così l'inizio del nuovo anno.

Alla stazione del treno E. mi viene incontro sorridendo con suo figlio di un anno e mezzo in braccio, G. Il paesaggio fuori dalla capitale mi sconvolge ogni volta. Accanto alla macchina un cavallo traina al trotto un caretto di legno, mentre bambini seminudi corrono per le strade infangate. A casa di E. mi accolgono sua moglie, R., ed i suoi cinque figli. La casa ha quattro stanze e le pareti scrostate di un celeste chiaro, mentre un piccolo albero di Natale si erge traballante di fronte ad un altare di San la Muerte (figura 1).

1. Altare familiare di San la Muerte.

Mi fanno accomodare e, nella migliore delle tradizioni argentine, iniziamo la conversazione sorseggiando del buon mate. Un solo bicchiere, una sola bombilla (cannuccia), il massimo della condivisione. Il bicchiere passa di mano in mano facendo quasi da testimone per lo scandire della conversazione.

E. risponde pazientemente ed esaustivamente a tutti i miei dilemmi. Dinnanzi a me si va delineando un universo nuovo, tutto da esplorare, un universo dove il limite tra bene e male, se mai esiste, è sottile come un foglio di carta; dove il concetto di moralità, di ciò che è giusto o sbagliato, si perde in una scala di grigi dove il nero e il bianco non esistono. E. mi pone dinnanzi ad un quesito: "Una persona mi chiede di officiare un rito per guarire un malato di cancro ed un'altra mi domanda invece un rito di venganza, vendetta. Quale considereresti l'azione buona e quale la cattiva?" - rispondo ridendo aspettando il tranello che seguirà - "ma se ti dicessi che il malato di cancro è una persona di cattiva reputazione e la persona che mi chiede vendetta è una madre di una figlia violentata, dove sta il bene, dove sta il male? San la Muerte non è buono, non è cattivo, San la Muerte è giusto ma severo con chi sbaglia ed i suoi devoti sanno che todo lo que hacemos, vuelve[1].

Solo ora comincio a capire perché se alcune devozioni popolari in Argentina sono, se non riconosciute, per lo meno accettate dalla Chiesa (come la devozione del Gaucho, per esempio), la normalizzazione delle pratiche e credenze della devozione a San la Muerte è resa più difficoltosa dalla forte ambiguità morale di questa figura.

Ceniamo, i bambini vanno a letto e intorno alla tavola rossa rimaniamo io, E., sua moglie R. e la figlia ventenne. E. mi dice che avrà bisogno di loro come aiutanti, soprattutto per quanto riguarda la preparazione del rito, che sarà più lunga del rito in sé. Domando se anche la moglie e la figlia officiano riti. R. mi risponde di sì ed E. incalza dicendo che, a volte, i riti officiati dalle devote di San la Muerte possono essere più efficaci perché, e cito testualmente, "il Santo è geloso delle sue donne". M. invece mi risponde di no, non è una devota, lei pratica solo Umbanda, il che mi lascia un pò perplessa. Quando domando il perché mi viene risposto che rispetta il Santo ma non è una devota perché tiene miedo (ha paura). Faccio notare che mi è stato detto che l'Umbanda prevede sacrifici animali talvolta e che i riti possono essere officiati per finalità realmente malevole. Per cui, è difficile per me comprendere come un rito Umbanda, che prevede la possessione degli officianti da parte degli spiriti e sacrifici animali, possa incutere meno timore.

E. mi spiega che è proprio questo il punto. Nell'Umbanda con un sacrificio animale le entità "sono felici" ed il problema termina lì. Nel caso di San la Muerte invece il sacrificio è personale. Le obbligazioni Umbanda si limitano a poche, semplici, pratiche mentre con il Santo bisogna creare dei compromessi, come digiuni di sette giorni, orazioni, offerte, e la responsabilità è maggiore. Per questo, E. afferma, è più facile lavorare con l'Umbanda che con il Santo, in quanto il primo richiede un minor dispendio di energie personali.

Nel frattempo M. e la madre si affaccendono per la stanza, il mio orologio segna le 22:17. Stasera E. officerà un rito de limpieza spirituale, ovvero una purificazione dalle energie negative per tutte quelle persone che lo hanno richiesto e che, a tal fine, gli hanno procurato una foto dei soggetti interessati (che ovviamente per motivi di privacy non mi è concesso vedere).

Le due donne cominciano a spostare tutti i mobili, per creare uno spazio centrale nel salotto, e a pulire il pavimento. E. nel frattempo continua a parlare con me. M. gli porge una sigaretta - non è un fumatore - mi comunica, ma fuma molto durante i riti in quanto parte della preparazione; difatti il fumare, così come il bere alcool, è considerata una pratica per canalizzare l'energia. I riti di San la Muerte possono essere officiati in case adeguatamente adibite a tal fine, come quella di E., dove il perimetro è protetto da amuleti seppelliti agli angoli dell'abitazione, (la moglie mi sorride dicendo che non ho nulla da temere qui dentro).

La notte è preferibile al giorno per un semplice fatto di tranquillità, anche se a certi riti sono associate ore specifiche. I tre si cambiano i vestiti, indumenti puliti e più comodi, e si tolgono le scarpe. La moglie di E. pone su un ripiano tre piattini con sopra dei coni di cibo (figura 2). Mi viene spiegato che si tratta di purè di patate. Ad uno dei coni viene aggiunta delle carne piccante cruda ed un altro viene cosparso di una spezia rossa. Le offerte di cibo servono per attrarre l'energia del Santo ma anche le pietanze variano in base alla persona che officia il rito. La moglie di Elbio, per esempio, preferisce usare del cibo dolce come caramelle o marmellate ma l'uso del dolce, del salato, o dell'amaro dipende anche da ciò che si sta chiedendo, mi dice E. Ma al termine del rito che fine fa il cibo? Essendo un rito de limpieza, le energie negative verranno rimosse e concentrate nel cibo, pertanto, quest'ultimo verrà successivamente seppellito in un campo per evitare che nessuno lo tocchi, o peggio, se lo mangi.

2. R. prapara i coni di cibo che serviranno per attirare l'energia del Santo.

Nel frattempo M. ripone vicino alla porta d'ingresso una candela accesa di tre colori diversi: verde, nero e rosso, la candela di San Jorge, santo protettore dei combattenti. Si tratta di una vela de seguridad (candela di sicurezza), affinché gli spiriti, attratti dal movimento energetico prodotto dal rito, non oltrepassino la soglia.

Segue una spiegazione del significato di alcune candele dai colori differenti. E. mi spiega che generalmente le candele ad un colore vengono usate più nell'Umbanda, mentre per il Santo si prediligono candele a colori combinati. Per il rito di questa sera E. userà sei candele: una lilla, simbolo della pace psicologica; una nera ed una a due colori, bianca e nera, per attirare l'energia del Santo; due rosse, per l'emanazione di vibrazioni positive; ed una verde, simbolo di salute (figura 3).

3. E. espone l'uso e la simbologia legato al colore delle candele che userà nel rito.

M. esce di casa con una sorta di incensiere ripieno di erba secca per tracciare il perimetro dell'abitazione e successivamente il perimetro del salotto. Il fumo purificatore viene passato intorno a tutti i presenti, me compresa.
E. comincia a disegnare per terra. Sta usando un gessetto di pietra vulcanica bianca, mi spiega - pomice? - provo a dire titubante, nell'incertezza che forse in italiano questa parola non suoni esattamente come in spagnolo - pemba - mi risponde.
E. disegna una stella a cinque punte iscritta in un cerchio. Mi alzo incuriosita per osservare più da vicino. E. termine di tracciare quello che lui definisce letteralmente "il portale", con un XIII in numeri romani al centro della stella, numero cabalistico della morte, e due piccole falci, una in basso a sinistra ed una in alto a destra, simboli del bene e del male (figura 4).

4. Circolo rituale disegnato da E.

Il circolo rituale viene completato ponendo tre statuette sulla cima della stella. Ci sono San la Muerte in rosso seduto su di un trono, San la Muerte in nero con la falce in mano e al centro San la Muerte in nero e bianco che sorregge il mondo. Davanti a queste vengono poste le offerte di cibo, a cui vengono aggiunte delle bevande, le candele ed un bicchiere di aceto in cui è immerso un uovo, anch'esso per assorbire l'energia negativa che verrà rimossa.
Il circolo rituale adesso è completo.

La moglie e la figlia spengono la luce e si accomodano sul divano mentre E., seduto davanti al circolo, ci sorride: Ciao, me voy (ciao, io vado).
E. guarda le foto una ad una mentre con calma continua a fumare, credo ne abbia già consumato un pacchetto intero. Vicino a lui è poggiata una bottiglia di gin, ogni tanto dà una sorsata, ogni tanto lo sputa (figura 5).

5. E. durante l'officiazione del rito.

Quando E. termina di osservare una foto la strofina con le mani impregnate di olio e la ripone al centro della stella sul numero XIII, questo processo occupa gran parte del tempo. E. mi spiega che il circolo rituale (definito da lui "portale") costituisce una sorta di "ponte spirituale": riponendo le foto al centro del portale l'energia benefica del Santo può passare dalle foto al corpo fisico dei soggetti.

E. parla piano, con fatica e pare leggermente ripiegato su sé stesso. Presumo che questa sia la "fase di transito" di cui mi ha parlato precedentemente, ovvero, E. si sta facendo carico dell'energia negativa rilasciata dalle foto ed uno spirito, incaricato dal Santo stesso, si occupa in questo processo di purificare il corpo dell'officiante. Questo è uno dei motivi per cui è preferibile celebrare i riti durante la notte e compiere il tutto a luce spenta, in quanto nella fase di transito chi compie il rito è fisicamente più debilitato e sensibile. 

Quando tutte le foto vengono riposte al centro del pentagono, E. pone tre barattoli di polvere intorno ad esse. Si tratta del momento più importante del rito, ovvero il reventa fuego, lo scoppio del fuoco, la purificazione finale. E. è molto chiaro su questo processo - è come accendere la luce - mi dice - quando premi l'interrutore l'energia passa da un punto A ad un punto B e si ottiene l'effetto, il reventa fuego ha la stessa finilità. Nel momento in cui si dà fuoco alle polveri l'energia benefica passerà dalle foto al corpo fisico dei soggetti, precedentemente purificati, grazie all'azione del ponte spirituale sopra citato, ovvero il portale che rende possibile il processo (video).


La polvere si accende debolmente per poi irrompere in una fiammata che si estingue altrettanto velocemente. Nella stanza accanto percepisco del movimento. A., la figlia undicenne, irrompe nella stanza esclamando che D., la figlia di quattro anni, è svenuta. Mi irrigidisco: cosa dobbiamo fare? Interrompiamo il tutto? Le prestiamo soccorso? La madre si precipita nella camera mentre E., impassibile, attende che il fuoco si estingua del tutto. I miei occhi corrono veloci da una parte all'altra. Mi rilasso appena vedo R. accomodarsi nuovamente sul divano con D. tra le braccia che piagnucola debolmente. E. si siede sulla poltrona sbadigliando, il rito è terminato e il mio orologio segna l'1:07.

Continuamo a parlare del più o del meno. Il tutto verrà ripulito l'indomani mattina, quando le candele si saranno consumate. Le offerte di cibo, le bevande e l'uovo saranno poste sull'altare di casa per sette giorni prima di essere sepolte in luogo dove non possano nuocere a nessuno.

Tutti si preparano per andare a dormire.
Nel momento in cui mi tolgo le lenti a contatto vengo circondata da quattro bambini che mi guardano con stupore e meraviglia: non hanno mai visto delle lenti a contatto.
Mentre io guardo loro e il riuale intatto che si erge a pochi passi da noi, ma loro sembrano non farci caso, quasi si trattasse di un vecchio, caro, soprammobile di famiglia.

6. Da sinistra verso destra: E., R., D. e A.




 



[1] Tutto quello che facciamo torna indietro. 

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