Siamo stipati in sei in un veicolo che, un tempo, doveva essere un’auto.
La strada dissestata ci fa sobbalzare ad ogni buca ed io mi aggrappo al sedile davanti cercando di non sbattere la testa sul tettuccio, con scarsi risultati. Ci stiamo recando a casa della mãe Es., (corrispettivo portoghese di mama, madre), ovvero la leader spirituale di un tempio Umbanda, per assistere ad un rituale. Ho solo una vaga, e quanto mai confusa idea, di cosa sia o cosa significhi "Umbanda". Nella mia mente si susseguono immagini di corpi che ballano frenetici ai ritmi dei tamburi, frutto di una qualche rimembranza di documentari o film visti chi sa quando e chi sa dove.
E., la mia fonte inesauribile di informazioni, si è già premurato di fornirmi qualche conoscenza basilare davanti a una tazza di mate. Oggi non è un giorno qualsiasi, oggi, 20 Gennaio, si apre il calendario Umbanda con il día de los caboclos. La parola caboclos, così come il termine Umbanda e molte altri che riguardano i culti afro-americani, ha un'origine ed un significato incerto. Tuttavia, con la parola caboclos ci si riferisce agli spiriti di persone nate dall’unione di bianchi europei e indigeni americani, durante il periodo coloniale. È una storia ingarbugliata, una religione complessa, che tocca tre continenti – Africa, America e Europa - ed una moltitudine di credenze e influenze.
“Si parte dall'Africa negli stati dell'attuale Nigeria, Togo, Benin, Angola, Congo dove moltitudini di uomini e donne, provenienti per lo più dalle popolazioni Yoruba e Bantu, furono condotte in catene nel “Nuovo Mondo” e, in quelle immense e spaventose traversate in mare, nulla poterono portarsi appresso se non la propria fede e i loro orixás, potenti entità manifestazioni del divino Olorun.
Approdarono così nelle coste dei possedimenti portoghesi del vasto Brasile dove, già da tempo, i leaders spirituali delle popolazioni indigene dei Tupì e dei Guaranì innalzavano canti e offrivano sacrifici e offerte alla madre terra. Il colonizzatore europeo di contro si era portato appresso molte cose tra cui, malattie, avarizia, ferocia e il suo Dio” - E. fa una breve pausa per accendersi una sigaretta, prima di riprendere la sua storia - “Allora gli indigeni si mescolarono con gli schiavi e gli schiavi con i colonizzatori, che fosse per amore, imposizione o morte, e lo stesso avvenne per le loro divinità. Fu così che, al principio, gli orixás si misero a tavola con le entità indigene e scoprirono una certa sintonia da cui poi nacque un figlio: el culto de los caboclos, ovvero spiriti di meticci defunti, subordinati agli orixás.
Ma, come nelle migliori storie d'amore, non fu un connubio semplice, almeno non inizialmente. In città cominciavano difatti a girare voci di spaventosi suoni di tamburi, canti e balli frenetici che si consumavano nella fitta boscaglia sotto il bagliore lunare. Tuttavia, questo non bastò a separare la coppia, (denominata dispregiativamente Macumba), che in segreto continuò ad incontrarsi là dove uomini e donne abbastanza coraggiosi erano ancora disposti ad aprirle la porta.
Pare però che, ormai da tempo, Dio sbirciasse oltre quelle soglie. Secondo altri invece si limitò a irrompere nella stanza imponendo la propria presenza. Ad ogni modo, che si trattasse di un ospite sgradito, imbucato o ben voluto, il duo divenne presto un trio. Fu così che l'onnipotente Olorun si diede appuntamento con Dio e gli orixás si incontrarono niente meno che con i Santi. Il più importante ed elevato di tutti gli orixás, Oxalà, non poteva che incontrarsi con un suo pari e si diede appuntamento con Gesù; la feconda Yemanjá con la Vergine Maria; i possenti guerrieri Ogum, Exu e Oxóssi rispettivamente con San Giorgio, San Michele e San Sebastiano; il temuto Omolu, portatore di devastanti malattie, altri non poteva incontrare se non San Lazzaro, signore dei cimiteri; e così via in un'infinita spirale di sincretismo e sovrapposizioni.
A questo punto della storia ci aspetteremmo un ‘e vissero tutti felici e contenti’, se non fosse per l'entrata in scena dello spiritismo francese ottocentesco, con l'introduzione del concetto di medium e l'incorporazione degli spiriti dei defunti. Ed è qui, al principio del 900 che nasce, infine, l'Umbanda”.
Al termine di questa avvincente storia E. mi guarda domandandomi: entendiste? (hai capito?). Io, con un sorriso, mi limito a scuotere la testa perché, fondamentalmente, sono confusa e nella mia mente sto cercando di ricollegare tutto. Nel tragitto che ci separa dal tempio continuo a fare domande cercando di ripercorrere tutti i passaggi di questa travagliata vicenda ma ad un certo punto decido che forse è meglio limitarsi ad osservare, per adesso. Quindi, cerco di farmi bastare il fatto che stasera saranno invocati, e successivamente incorporati, gli spiriti dei caboclos e dei pretos velhos (vecchi neri), ovvero gli spiriti degli antichi schiavi.
Arriviamo poco prima delle 22, ora prestabilita per il rito e mi presentano alla mãe. Es., già vestita a rituale, indossa una gonna bianca, colore dell'Umbanda, una maglietta celeste e ha i capelli raccolti in un turbante, la collana che indossa di traverso la identifica come sacerdotessa, colei che possiede una conoscenza tale da meritare questo titolo. Ha le pelle olivastra, la mascella pronunciata e uno sguardo che mi inchioda al terreno. Es. mi accompagna dinnanzi all'altare che si erge di fianco a quello Quimbanda, coperto da un panno rosso e nero. Ci sono numerose statue di caboclos e pretos velhos, candele, fiori, spade e offerte di cibo e bevande, mentre una statua di Gesù con le braccia aperte si erge al di sopra di tutto. Il tempio, ovvero la casa della mãe Es., si riempe ben presto di uomini e donne dalle età più disparate (rigorosamente vestite di bianco) che la mãe definisce il suo pueblo, il suo popolo. Il tempo di scattare qualche foto e il rito ha inizio (figura 1 e 2).
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1. Mãe Es. dinnanzi all`altare Umbanda. |
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2. Mãe Es. con alcuni officianti. |
Gli officianti si dispongono in cerchio nel cortile, ci sono anche due ragazzi che siedono dinnanzi a due grandi tamburi e qualche spettatore come me che siede in una panca, in disparte. Non posso fare a meno di notare la candela accesa posta vicino alla porta per evitare – como spiegatomi precedentemente da E. - che alti spiriti indesiderati, attratti dal movimento energetico prodotto dal rito, oltrapassino la soglia.
Il battito crescente dei tamburi dà inizio al tutto.
Dal cerchio si innalza un canto in lingua portoghese, di cui non comprendo molto, scandito dal battito di mani. La subordinata della mãe, o "la seconda in comando", purifica tutti gli officianti e gli spettatori (me compresa) con il fumo di un incensiere e spruzzandoci olio profumato sulle mani. Gli officianti poi, si distendono uno ad uno su di un tappeto bianco posto dinnanzi a Es. e alla sua subordinata, in segno di saluto, mentre quest'ultime poggiano i palmi sulle loro teste (figura 4). E. e R. sono le ultime persone a distendersi, dopo di che il suono dei tamburi cessa e si procede con il segno della croce e una preghiera dove odo il nome di Gesù.
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3. Officiante disteso porge il suo saluto. |
I canti riprendono e la mãe e la subordinata aprono le danze cominciando a girare al centro del cerchio mentre le ampie gonne si dischiudono come boccioli. Il ballo, come mi è stato spiegato da E., è una compenente essenziale dei tiri Umbanda quanto Quimbanda per due motivi principali: “Il nostro corpo è come una spugna - mi dice - che assorbe tutto, esperienze negative e positive. L'incorporazione degli spiriti deve avvenire nel miglior contesto possibile ed è quindi necesserio purificare il nostro corpo. Il continuo girare serve proprio a questo, eliminare tutto il negativo. La seconda ragione è quella di creare una spirale, facilitando così la discesa e successiva incorporazione degli spiriti nel corpo del medium attraverso la schiena, o più precisamente quella porzione dove termina il collo” (figura 4).
Piano piano tutti cominciano a ballare.
Il suono dei tamburi si fa così assordante da rimbalzarmi in petto, mentre i canti cercano di innalzarsi al di sopra della musica; a ciò si aggiunge lo squillo acuto di piccoli campenelli. Al di fuori del cancello noto una piccola folla di cuoriosi che, riunitasi, osserva il tutto in silenzio. Un padre con il figlio in braccio si unisce al coro cantando mentre bambini afferrano le assi in ferro della grata facendo capolino tra esse. Molti officianti si inginocchiano dinnanzi all'altare, o semplicemente a terra, salutando a modo proprio gli spiriti. Alcuni battono i pugni al suolo, altri innalzano le mani al cielo (figura 5). La mãe nel frattempo si aggira tra i ballerini con una bottiglia di alcol in mano, ne sorseggia il contenuto per poi sputarlo agli angoli del cortile e fuori della porta, al fine di eliminare le energie negative.
Anche alcol e sigarette sono componenti immancabili e fondamentali del rito che, da una parte, facilitano e favoriscono la canalizzazione, dall'altra, invogliano gli spiriti a discendere sulla terra per godersi piccoli piaceri. I bicchieri circolano numerosi tra gli officianti passando di mano in mano e giungendo anche a noi osservatori. Le pause sono scandite esclusivamente dal fumare, bere, inginocchiarsi e salutarsi fra i partecipanti - osservatori compresi – attraverso una stretta di mano o baciando i rispettivi palmi. A metà serata perdo il conto di mani strette e baciate. La mãe continua per lo più a prendersi cura del suo pueblo danzante, spruzzando olio sugli officianti, che si prepara all'incorporazione degli spiriti.
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4. Officiante durante il rito. |
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5. Officianti che danzano.
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Es. si para poi dinnanzi a me, la sua presenza è granitica, la sua volontà implacabile. La mãe non domanda, afferra le mie mani, che non oppongono resistenza alcuna, cospergendomele di olio, per poi procedere su petto e schiena asserendo con voce gracchiante: es por tu vida. Sorrido debolmente limitandomi ad accettare quelle parole, il cui significato profondo mi sfugge, come un regalo prezioso. Talvolta non è necessario comprendere appieno, così non mi soffermo più del dovuto a domandarmi: cosa avrà voluto dire? Presumo che non lo saprò mai.
Successivamente, alcuni degli osservatori si pongono in fila, a piedi nudi, dinnanzi a Es. che intinge le mani in una vaschetta d'acqua per poi farle scorrere lungo tutta la lunghezza delle loro braccia e gambe. Infine, ne afferra con decisione i polsi strattonandoli due o tre volte verso terra. Si tratta di un'altra forma di purificazione, mi viene spiegato, a cui decido di sottopormi anche io. I balli e i canti continuano con le stesse modalità per essere poi brevemente interrotti da Es. che, dopo un sintetico discorso in elogio alla sua subordinata, la fa inginocchiare ponendole una collana sul busto, in posizione laterale (figura 6). Domando delucidazioni su quel gesto e mi viene spiegato che la mãe ha appena innalzato di grado la sua seconda in comando che adesso, se lo vorrà, potrà aprire un tempio tutto suo. Segue uno scroscio di applausi, abbracci, palmi baciati e alcol prima di tornare ad essere assorbiti dalle danze.
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6. La seconda in comando viene innalzata di grado dalla mãe. |
Le offerte di cibo che si trovavano dinnanzi all'altare, per lo più frutta e verdura, vengono distrubuite tra i presenti, io afferro un pezzo di mela leggermente ossidato. Gradualmente le danze rallentano, i canti si affioveloscono e gli spiriti discendono dopo un lasso di tempo considerevole. Sono trascorse circa tre ore. Si tratta di un passaggio fluido, privo di qualsiasi "colpo di scena", eppure visibile. Inanzittutto gli spiriti preferiscono indossare qualcosa che ricordi, almeno vagamente, il periodo in cui sono vissuti. Questo spiega l'indossare fin dal principio del rito ampie gonne, turbanti, camice di lino. Tutti si pongono poi, come capo addizionale, cappelli di paglia agghindati personalmente nei modi più disparati, in base ai gusti dello spirito che si incorpora. Mi è stato spiegato che, generalmente, in una sessione si possono incorporare anche più spiriti per volta ma che ogni medium è "recipiente" di alcuni spiriti preferenziali che si impara a conoscere con il tempo. E., per esempio, mi dice che il suo spirito non era uno schiavo ma bensì un uomo libero, mentre lo spirito di sua moglie R. va matto per la cioccolata. Inoltre, medium donne possono incorporare spiriti di uomini defunti e viceversa (figura 7 e 8).
Un dato che mi incuriosisce è che tutti sembrano calarsi il cappello sugli occhi, come a non voler incrociare lo sguardo altrui. In seguito, quando ho posto la domanda ad E., quest'ultimo mi ha risposto ridendo, dicendo che altrimenti potresti trovarti a tu per tu con un'entità. Non sono seguite specifiche sulle conseguenze, come se E. desse per scontato che io capissi che lo spirito di un defunto, per quanto benevolo possa essere, è bene non gardarlo in faccia. Nello specifico dei caboclos e dei pretos velohos, si tratta di spiriti allegri e generosi. Inoltre, non va dimenticato che, in linea gerarchica, sono sottomessi agli orixás, a loro volta sottomessi a Olorun/Dio. Gli officianti ora camminano ricurvi su sé stessi abbracciandosi e salutandosi tra loro come si farebbe con un vecchio amico; bevono, fumano,ballano, ridono di gusto in modo sguaiato e le loro voci risuonano alle mie orecchie più gracchianti e profonde.
Gli spiriti dei defunti si godono il tempo loro concesso in un rapporto di reciproco beneficio. Mãe Es. chiama poi tra gli spettatori M., una novizia a cui viene fatta indossare una gonna e posta al centro di un cerchio. Gli spiriti la incitano a ballare ed Es. la prende per le spalle muovendola in senso circolare. M. comincia a ballare veloce, sempre più veloce mentre la voce di Es. si innalza al di sopra del suono dei tamburi: gira, gira! M. si ferma traballando e gli officianti la afferranno per evitare che cada. Dopo altri due giri Es. la purifica con la stessa operazione precedentemente descritta, facendo scorrere le mani su braccia e gambe e scrollandole i polsi al finale.
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7. Mãe Es. durante l`incorporazione degli spiriti. |
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8. Officianti durante l`incorporazione degli spiriti. |
I balli riprendono fino a che la mãe non esclema: quien es el siguiente?
Quando, alzando gli occhi dalla macchina fotografica, ti rendi conto che tutti ti stanno fissando, è in quel momento che capisci che non c'è niente da fare, gli spiriti chiamano e non ci si può sottrarre.
Es. mi prende per mano, sul suo volto, celato dal cappello, riesco a intravedere solo un grande sorriso beffardo. Mi metto la gonna e subito mi ritrovo al centro del cerchio. Comincio a girare fino a che il mondo circostante non si trasforma in una striscia informe di colori che mi scorre davanti agli occhi veloce, anche se ho la sensazione di girare lentissimo. Il suono assordante dei tamburi mi riempe le orecchie. Poco dopo avverto la necessità forte e chiara di fermamri, ho perso completamente il senso dell'orientamento e dell'equilibrio. Appena rallento le mie gambe non riescono a reggersi in piedi, il suolo improvvisamente pare una tavola inclinata e tutto ha un colore sfuocato. Sento mani che mi afferrano in una morsa salda, impedendomi di sfracellarmi al suolo. La terra pare raddrizzarsi dopo un tempo che mi sembra infinito e subito Es. incalza veloce afferrandomi per le spalle. Sono incrudula e spaventata perché non ho idea di come farò a sopravvivere ad un altro giro. Ed è in quel preciso istante che realizzo che circa una trentina di persone, (alcune delle quali ultra cinquantenni), hanno ballato girando su sé stesse per almeno quattro ore, mentre io sono completamente priva di forze dopo appena cinque minuti. Giorni dopo, raccontando l'accaduto ad un'amica umbandista questa si mette a ridere: "è normale Marga, sono gli spiriti che ti sorreggono e ti danno la forza".
Ad ogni modo, mossa dalla ferma volontà di uscire dal tempio con tutte le ossa integre, decido di provare con una tecnica diversa: il piede destro fa perno piantandosi al suolo, mentre il sinistro gira. Questa cosa sembra funzionare. Dopo alcuni secondi acquisisco una certa sicurezza e provo ad aumentae la velocità, ancora nessuna perdita di eqilibrio. Intravedo la mãe annuire con la testa, in segno di approvazione. Gli spiriti allora cominciano a battere le mani eccitati al ritmo dei tamburi ed io alzo le braccia ridendo, abbandonandomi ad un senso di piena felicità e gioia. Non penso a niente, solo a girare.
Sorrido e giro.
Giro e sorrido.
Ed il mondo non è mai stato più bello di così.
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