"Viva el Gaucho!"


Questa storia inizia il 6 Gennaio su un treno rosso.
Sto andando ad incontrarmi con L. nella cittadina di Virreyes e da lì comincerà il nostro viaggio per Mercedes, provincia di Corrientes, verso il santuario del Gaucho.
L'appuntamento è alle 15:30 ma, ovviamente, i lunghi e rilassatissimi tempi argentini che aborrono puntualità e fretta, impongono una partenza posticipata per le 19 circa. Finalmente il nostro bus parte insieme ad altri quattro; da Virreyes siamo circa 250 persone.
Mi guardo intorno, insieme a me e L. ci sono la sua amica A., di 41 anni, e il figlio M., di 5, per il resto la compagnia è delle più variegate, anziani, giovani, uomini, donne, bambini e alcune coppie.

In Argentina c'è un detto: la vida es una milonga y hay que saberla bailar[1] (la vita è una melodia e devi saperla ballare). Se la vita quindi è una sorta di melodia che non ci si può sottrarre dal ballare, in Argentina questo vale anche, e soprattutto, per un pellegrinaggio. La festa inizia quindi sul bus, un ragazzo con una cassa portatile mette a tutto volume delle canzoni a tema Gaucho, canzoni folkloristiche e dai toni decisamente allegri che parlano di giustizia e povertà, una canzone in particolare recita: la justicia de los pobres se llama necesidad (la giustizia dei poveri si chiama necessità). Il verso non ha bisogno di ulteriori spiegazioni, soprattutto non in un paese dove il divario tra clase alta e clase baja è profondamente visibile. Non stupisce quindi che il Gaucho sia così amato, soprattutto nel contesto rurale lontano dallo scintillio degli sfarzosi edifici coloniali di Buenos Aires.

Non posso fare a meno di pensare alle parole di un'anziana signora durante un'intervista: "nella vasta e distesa Argentina, Buenos Aires è come un'isola: lontana, distante, differente".
Gli uomini ballano nello stretto vano del bus i passi, ormai a me familiari, del chamamé[2] mentre ogni tanto qualcuno grida: Viva el Gaucho! Ricevendo un enfatico Viva! in risposta.
La festa improvvisata continua fino al nostro arrivo, alle 4 del mattino del giorno dopo. Ovviamente anche l'alcool non manca ed i ragazzi si passano bottiglie di plastiche tagliate a metà, improvvisate a bicchieri, ricolme di ghiaccio, coca e Fernet, la tipica bevanda argentina. Sono stanca, ho dormito un'ora scarsa e ciò che mi sorprende è che nessuno, eccetto me, pare minimamente infastidito. Mi ritrovo a domandarmi se gli argentini siano semplicemente abituati al fracasso o se il porre fine ad una festa, e quindi interrompere chi si sta semplicemente divertendo, sia considerato un oltraggio. Nel dubbio opto per sopportare in silenzio, non voglio passare dalla "guasta feste" di turno.

Quando arriviamo fuori è ancora buio ma la maggior parte delle persone esce per continuare la festa. Sul bus restiamo io, L., A., M., due anziane signore e pochi superstiti. Sono ostinata ad approfittare di quelle ore di silenzio per dormire almeno un po’. Chiudo gli occhi mentre il parlottare delle due signore e di A. mi arriva lontano, ovattato, ma non ce la faccio, la curiosità ha il sopravvento e mi unisco al terzetto. Ovviamente stanno bevendo del mate che mi offrono con un ampio sorriso ed io accetto con un cenno del capo.
Una delle due signore è diventata devota in seguito a una grazia ricevuta - in verità più di una - dice sorridendo. Nel 2006 le era stato diagnosticato un cancro e si era rivolta al Gaucho, dopo la sua guarigione ha cominciato a far visita al santuario e questo è il suo decimo anno. In seguito, il figlio e la nuora si erano separati ma ancora una volta Antonio era intervenuto riappacificando la coppia. L'altra signora annuisce con veemenza dichiarando di essere lì per lo stesso motivo, un conflitto familiare. Le due figlie, che vivono nella stessa casa, hanno litigato e non si parlano più. I suoi occhi sono velati di tristezza e A. le poggia amorevolmente una mano sulla spalla. Osservo queste donne anziane e non posso fare a meno di provare stima nei loro confronti. Le condizioni di questo pellegrinaggio sono oltremodo disagevoli, eppure loro non sembrano fare una piega.

Intorno alle 6 comincia ad albeggiare, il cielo è limpido e si prospetta una giornata soleggiata e afosa. Decido finalmente di uscire dal bus per dare un'occhiata intorno. L. e A. mi avvertono di tener cuidado (fare attenzione) e di rivolgermi a loro se volessi comprare qualcosa, il mio accento potrebbe tradirmi. Una volta fuori dal bus l'immagine che mi si prospetta dinnanzi potrebbe essere paragonata ad un festival musicale, sprovvisto di qualsiasi organizzazione. C'è un grande campo privo di alberi, i numerosi bus sono parcheggiati casualmente un po' ovunque, alcune persone sono occupate a montare tende e rifugi improvvisati per difendersi dal sole, mentre altre, accomodate su sdraio e sedie che si sono portate appositamente da casa, parlano animatamente sorseggiando l'immancabile mate e ridono di gusto mettendo in mostra dentature scomposte e macchiate di nero. Si tratta forse di un elemento insignificante ma fortemente visibile. Non mi ricordo chi una volta mi disse che la povertà ancora prima di essere visibile dall'aspetto è visibile dalla dentatura. Molte donne sono occupate a impastare su assi di legno una sorta di pagnotte, chiamate torte, che stendono con bottiglie di birra improvvisate a mattarello, da cuocersi poi alla griglia o più comunemente fritte (figura 1). Forme di carne sono appese alle pareti in lamiera, o di legno compensato, di questi alimentari provvisori che vendono anche empanadas[3], bibite gassose e forniscono l'acqua calda per il mate, o ghiaccio. Prima di trovare una bottiglia di acqua fredda devo chiedere in tre "chioschi" differenti, la cosa mi sorprende dal momento che il caldo comincia a farsi sentire ma poi mi torna in mente che in gran parte del Sud America bibite gassose o succhi di frutta costano meno dell'acqua. Le condizioni igieniche sono innegabilmente scarse e non solo quelle alimentari, non ci sono bagni chimici, gli unici servizi disponibili sono i bagni costruiti dai chioschi che si pagano 10 pesos (il corrispettivo di 50 centesimi circa), o il campo stesso; questo per un totale di circa 250.000 devoti.

1. Esempio di chiosco.


Un altro elemento che mi colpisce è la quantità di uomini terribilmente sfregiati in volto, il che mi riporta alle molte interviste fatte che delineavano una duplice natura della devozione al Gaucho. In Argentina tutti conoscono il Gauchito, anche solo di nome per la fama di cui gode, ma generalmente i non credenti con cui ho avuto modo di parlare, di classe per lo più agiata, associavano il culto alla criminalità, o ai cartelli della droga.
La mia esplorazione continua sulla ruta national 123 che affianca il campo e dove si trova anche il santuario. Qui vengono venduti i più svariati dei gadget mentre le auto dei pellegrini, che esibiscono sul cofano gigantografie del Gaucho, marciano a passo d'uomo. Ci sono bandiere, braccialetti, statue di tutte le dimensioni, magliette, rosari, cappelli da gaucho, cinture e tanto altro ma l'elemento dominante è sicuramente il rojo (rosso), il colore del Gauchito. Tutti vestono di rosso oggi ed altri indossano i vestiti tradizionali dei gauchos, con pantaloni larghi, o gonne ampie per le donne, stivali di pelle, cinturoni in cuoio a cui sono appesi piccoli coltelli, gilet, foulard e cappelli a larga tesa (figura 2).

2. Coppia con i tradizionali vestiti gaucheschi.

Mi rendo immediatamente conto di essere una mosca bianca e di attirare molti sguardi curiosi per via di tre elementi: primo, come sono vestita; secondo, la macchina Nikon che porto al collo; terzo, il mio accento straniero.
L. proprio due giorni fa, durante la festa del suo 34esimo compleanno, mi ha fatto notare come il mio essere straniera sia immediatamente visibile dal mio vestiario. Quando ho chiesto delucidazioni in merito si è limitato a tirare su con le spalle. Ad ogni modo, temo che in questo contesto la differenza sia ancora più marcata.
Per quanto riguarda il secondo elemento, solo l'unica persona con una macchina fotografica, tutti scattano una gran quantità di foto ma con i telefoni. Qualche persona più audace mi domanda quanto costa ed io, imbarazzata, rispondo vigliaccamente che non lo so, me l'hanno regalata. C'è del vero e del falso, perché effettivamente è un regalo ma so esattamente quanto costa. Sono però felice di constatare che nessuno è timido dinnanzi al mio obbiettivo che non posso fare a meno di puntare un po' ovunque con il timore, talvolta, che sia troppo invasivo; timore che viene debellato dagli ampi sorrisi di coloro che mi incitano a scattare mettendosi in posa (figura 3).

3. Devoti del Gaucho

Per quanto riguarda il mio accento, le persone solitamente mi domandano di dove sono dopo aver scambiato qualche parola di più. La figlia della coppia del chiosco dove mi rifornisco di acqua fredda per esempio, dopo avermi visto tre o quattro volte ed essere passata così al rango di una sorta di cliente abituale, mi avvicina con fare imbarazzato dicendomi che si stanno chiedendo di dove sono. Non posso fare a meno di notare quel plurale che mi fa un po' sorridere, dandomi l'impressione di essere al centro della loro curiosità. In molti mi chiedono se sono brasiliana, alla mia risposta negativa, seguita dal: soy italiana, mi guardano perplessi. Questo mi mette sempre un po' in difficoltà perché alla spiegazione che segue, che oramai risuona alle mie orecchie come un disco ripetuto - estoy escribiendo la tesis de la maestría sobre el Gaucho (sto scrivendo la tesi magistrale sul Gaucho) - le persone sono ancora più perplesse di prima e sembrano non comprendere appieno. Solitamente quando L. è con me è più facile perché si prodiga in spiegazioni più dettagliate sul cosa sto facendo. Ho sempre avuto l'impressione che il fatto che qualcuno sia interessato al Gaucho sia per lui motivo di orgoglio e questo non può che rendermi felice.
Un altro elemento che attira la mia curiosità è la quantità esorbitante di tatuaggi che riproducono, con numerose varianti, l'immagine tradizionale del Gaucho con la tipica cruz Gil alle sue spalle, altri presentano anche la figura di San la Muerte che impone la mano sulla testa di Antonio (figura 4). Anche L. e A. ne hanno uno, L. su tutta la schiena e A. sulla spalla destra. L. mi aveva detto in una precedente intervista che si tratta di una sorta di “atto di ringraziamento" per un favore ricevuto.

4. Esempio di tatuaggi raffiguranti il Gauchito Gil.

Ben presto lungo la strada mi imbatto in una lunga fila di persone. L. mi dice che attenderanno le ore sotto il sole per entrare al santuario. L'anno scorso L. ha aspettato 8 ore sotto la pioggia, mi racconta. L'attesa è un ottimo pretesto per bere del mate. Le persone siedono su piccoli sgabelli pieghevoli, altri si portano appresso una statua o delle candele rosse (figura 5). Un uomo piange versandosi la cera bollente sul tatuaggio che ha sulla mano.
Ad un certo punto la fila si dirama in due percorsi, c'è chi prosegue dritto lungo la strada o chi si inoltra sulla destra nel bel mezzo di una sorta di mercato; opto per la seconda. Su tutti i lati sono circondata da negozi e piccoli ristoranti che cucinano sulla griglia grossi pezzi di carne e salsicce mentre cani randagi attendono gli avanzi con sguardo languido ai bordi della strada. Il calore generato dalle braci in quelle strette vie rende l'aria irrespirabile e il caldo insopportabile. Le due diramazioni della fila si rincontrano poi dinnanzi al santuario, una sorta di edificio in lamiera chiuso su due lati, una grata funge da terzo lato ed è lì che mi trovo. Mi soffermo per studiare la scena (figura 6).

5. Devota con in braccio una statua del Gaucho.

6. Devoti in fila davanti al santuario.

Nella parte aperta alcuni poliziotti gestiscono il flusso di persone tra le quali si innalza più volte il grido Viva el Gaucho! Nel ristretto spazio rettangolare la statua del Gaucho è protetta da una sorta di costruzione in muratura bianca con una porta in vetrata che sorge sopra il luogo in qui, secondo i devoti, Antonio fu ucciso.
Come mi dice L., e come avevo avuto modo di constatare da alcune foto, precedentemente la statua del Gaucho era priva di qualsiasi protezione. Pare che verso la metà di Dicembre un uomo abbia apportato questa modifica che non ha riscosso l'approvazione dei fedeli, che preferirebbero toccare la statua piuttosto che limitarsi a osservarla al di là di un vetro. Indagando più a fondo ho scoperto che l'uomo in questione avrebbe costruito questa sorta di protezione su richiesta di R. Molte voci mi hanno riportato che si tratta di una donna apparentemente a capo di un cartello di droga. L. me l'ha indicata precedentemente, una donna bassa, vestita di nero, dai capelli tagliati corti. L. e A. la guardavano torvi affermando che è una vergüenza (vergogna) che questa donna abbia il potere di fare il buono e il cattivo tempo nel santuario del Gaucho al solo scopo di lucrarci sopra.

Le persone si scattano foto dinnanzi alla statua, toccano il vetro, lasciano candele e foto ai piedi della costruzione in muratura. Ci sono anche una grande quantità di disabili, per lo più bambini, la cui mano viene accompagnata verso il vetro al di là del quale la figura di Antonio si erge con le braccia aperte. Dietro la costruzione c'è un muro sul quale sono infisse moltissime placchette in metallo che riportano date e nomi di devoti o, in numero minore, le targhe delle auto con cui si è battuto la strada per arrivare fino al santuario; si tratta di tipiche usanze di ringraziamento per un favore ricevuto che ho avuto modo di vedere anche in altri santuari.
Alla mia destra, sull'angolo, un piccolo albero privo di chioma, completamente pitturato in rosso, è protetto da una recinzione. Si tratta dell'albero sotto il quale, secondo i devoti, Antonio si addormentò prima di essere catturato (figura 7). Anche lì, ai piedi dell'arbusto, ci sono tra le più varie delle offerte: sigarette, foto, bottiglie di vino, body di neonati. Una donna vicino a me getta su di un ramo una tipica mantella da gaucho rossa e nera.

7. Albero dove Antonio si addormento prima di essere catturato.

Decido di tornare indietro ripercorrendo la stessa strada. Appena raggiunto il punto dove sono parcheggiati i nostri bus mi trovo dinnanzi a una quantità incredibile di carne distesa su dei tavoli di legno mentre alcuni uomini sono intenti a preparare una parilla lunga almeno due metri (figura 8). Un grande telone è stato steso tra due pullman per creare un riparo ombroso sotto il quale uomini e donne giocano a carte, fumano, parlano, bevono mate, mentre la quantità di tende tutto intorno è visibilmente aumentata.
Con L. decidiamo di andare a visitare il cimitero di Mercedes dato che domani saremo con ogni probabilità troppo stanchi. Ben 10 km a piedi ci separano dalla meta. A. e M. decidono di venire con noi. Camminiamo sotto il sole per la ruta 123 una buona ora e mezza prima di raggiungere il cimitero. Mi accorgo subito che questo luogo è completamente differente dal santuario. Innanzitutto l'afflusso di fedeli è nettamente minore. L. mi dice che molti credenti neanche sanno dell'esistenza di questo luogo. In una specie di casupola, ovviamente pitturata in rosso e ricoperta di placche, si apre una nicchia stretta dove i fedeli possono entrare singolarmente. Dentro intravedo una statua e numerose candele (figura 9). Un cartello dinnanzi alla tomba recita: promesero colabore con la limpieza[4]. La tomba si distingue in effetti anche per la pulizia. Purtroppo, come ho avuto modo di constatare in questi mesi, buttare la spazzatura per strada è considerato normale, per tanto mantenere pulito un luogo necessita di una certa sollecitudine.

8. Asado, tipico piatto argentino a base di carne, da cuocersi generalmente alla parilla (griglia).

9. Tomba di Antonio Mamerto Gil Núñez.

Successivamente, decidiamo di pranzare a Mercedes, in una pizzeria, e L. ci comunica che un suo amico cronista lo ha appena avvisato di un incidente d'auto avvenuto davanti al santuario. A. e L. scuotono la testa con disappunto, "ogni anno la stessa storia". Mi pare di capire che si tratta di una cosa ricorrente e che il loro disappunto sia dovuto alla mancanza di organizzazione, direzione del traffico inclusa, di un evento così massivo.
Toppo stanchi per tornare indietro a piedi decidiamo di prendere una navetta. Provati dalla camminata e dalle poche ore di sonno ci concediamo una lunga siesta in un posto all'ombra. A. stende dei teloni che si è portata da casa e io mi addormento quasi immediatamente.
Mi sveglio tardi al suono della musica, alcune persone stanno ballando e un ragazzo si improvvisa dj occupandosi della playlist. L., che è già sveglio, mi presenta alcuni amici che mi invitano subito a ballare. Declino imbarazzata ma, come sempre, non posso sottrarmi alla coinvolgente allegria argentina (figura 10 e 11). Ho constatato, già precedentemente a questo pellegrinaggio, che gli argentini potrebbero ballare all'infinito ma io, stremata, ho bisogno di un attimo di riposo e di un posto all'ombra. Mi siedo accanto ad un ragazzo che ho già visto sul nostro bus, anche lui una mosca bianca come me. Si chiama F., ha 35 anni, anche se non li dimostra, e fa parte di un'associazione di cinema indipendente. Anche lui, come me, è qui per osservare. Ne esistono tanti di documentari e film sul Gaucho, mi dice, ma nessuno è realmente buono. Parliamo, mangiamo e beviamo del mate aspettando che scenda la sera. Allo scoccare della mezzanotte dell'8 Gennaio infatti ci saranno i fuochi d'artificio. L. mi ha spiegato che ogni anno lo spettacolo pirotecnico viene offerto dalla medesima famiglia correntina che si fa personalmente carico delle spese.

10. Esempio di antropologa nel suo habitat naturale.

11. Esempio di antropologa nel suo habitat naturale.

Finalmente l'aria comincia a rinfrescare e verso le 23.30 ci avviamo davanti al santuario. Purtroppo A. non può venire dato che M. si è addormentato sul bus e non vuole svegliarlo. Nel cielo già comincia ad apparire qualche fuoco artificiale sparato in aria da qualche devoto. Dinnanzi al santuario c'è una grande folla di persone e la situazione è molto simile a quella che si potrebbe incontrare in uno stadio di calcio. Molti uomini, a petto nudo, sventolano magliette a mo' di bandiera e dappertutto si innalzano cori a tema Gaucho, il frastuono è assordante. Io e L. siamo ai bordi della strada, lasciata sgombra per una lunga fila di scatoloni ripieni di fuochi artificiali (figura 12). L. mi indica un ragazzo alto e corpulento che si trova nel mezzo della strada, ovvero il figlio della famiglia che si occupa dello spettacolo. Alcune persone, tra cui lo stesso L., gli si avvicinano scambiando qualche parola e stringendogli la mano mentre il ragazzo cammina lungo la strada improvvisandosi oratore. Con enfasi urla qualche frase, che non riesco perfettamente a comprendere, innalzando le braccia al cielo e incitando la folla che risponde con un boato. La sirena della polizia risuona vicina e il ragazzo fa cenno alle auto di avvicinarsi mentre i poliziotti invitano la folla ad allontanarsi di qualche metro. Alla mia sinistra intravedo una gran quantità di candele accese piantate nel terreno e vicino a queste una statua del Gaucho, un uomo, accovacciato vicino ad essa, la accarezza con fare amorevole. Mancano pochi minuti allo scoccare della mezzanotte e l'eccitamento generale è così palpabile da rendermi nervosa, inoltre non posso fare a meno di squadrare con apprensione quegli scatoloni così vicini. In un'esplosione di scintille i fuochi artificiali cominciano a volare nel cielo tra l'ovazione della folla. Ben presto mi tiro su il cappuccio della felpa per ripararmi dalla pioggia di frammenti che cala su di noi. Molte persone innalzano al cielo statue del Gaucho delle più svariate dimensioni, bambini piangono tappandosi le orecchie e un'anziana dietro di me, con una mano posata sul cuore, ha gli occhi umidi dalla commozione (figura 13). Lo spettacolo pirotecnico prosegue per una buona mezz'ora e al suo termine alcuni devoti continuano a sparare qualche fuoco artificiale.

12. Spettacolo pirotecnico.

13. Statua del Gaucho innalzata da un fedele.

Torniamo indietro mentre le orecchie mi fischiano fortissimo. Nel campo la festa continua e le persone bevono e ballano spensierate mentre io mi accuccio come posso in un sedile del bus cercando di addormentarmi.
Il mattino seguente mi sveglio a causa della calura, appena sorto il sole il bus si è trasformato in un forno. Esco mentre molte persone stanno ancora dormendo, sono circa le 7. Mi godo quei momenti di quiete avviandomi in un chiosco per comprare qualcosa da mangiare, ovviamente i venditori sono già svegli e ben presto una piccola fila si forma dinnanzi ad essi per accedere ai bagni. Quando torno indietro molte persone sono occupate a stiracchiarsi. La mattinata continua nella calma generale, tutti stanno aspettando le 12 per ammirare i gauchos a cavallo che dalla chiesa di Mercedes percorreranno la ruta fino al santuario per poi tornare indietro. Nell'attesa accompagno A. e M. a fare qualche compera. A. ha altri tre figli a casa di 26, 22 e 16 anni a cui compra alcuni ricordi come una maglietta, un rosario e una generosa quantità di braccialetti da regalare ad amici e parenti. Io invece compro una cintura in cuoio e un tipico foulard rosso da gaucho. All'ora prestabilita mi piazzo ai bordi della strada con la macchina fotografica pronta a scattare, non voglio perdermi quello spettacolo. A mezzogiorno centinaia di gauchos battono la strada a cavallo mentre lo scalpitio degli zoccoli sull'asfalto crea una sinfonia ridondante (figura 14 e 15).

Ci sono uomini e donne dai vestiti vivaci che con estrema abilità maneggiano briglie e staffe argentate mentre altri sventolano bandiere rosse con la mano libera. Alcuni bambini sono seduti sul davanti della sella assieme ai padri o alle madri. Quando scatto tutti mi salutano o si mettono in posa. Sulla via del ritorno un anziano gaucho, a cui sto scattando una foto, mi porge in dono una bandiera e una candela rossa, la afferro sorridendo mentre questo si allontana al trotto. Infilo candela e bandiera nello zaino, quest'ultima sventola sulla mia schiena facendomi sentire ben presto a disagio. Ho come l'impressione che quest'ornamento stoni su di me, non posso fingere di essere ciò che non sono, così la regalo ad A. che è ben felice di accettarla.

14. Gauchos a cavallo.

15. Gaucho a cavallo.

Trascorro il resto del pomeriggio con i due autisti, due ragazzi simpatici con cui parlo animatamente del più o del meno bevendo mate, mentre le persone sono impegnate in una specie di lotteria. Non sono devoti ma per loro essere lì costituisce una vacanza più che vero lavoro, mi dicono. Uno dei due si mostra sorpreso nell'apprendere che in Italia non beviamo mate. I bus ripartono alla volta di Buenos Aires alle 17 circa ma prima, come da usanza, ci fermeremo a Solari al santuario di San la Muerte che si trova sulla via del ritorno, a circa 30 minuti da Mercedes, sulla ruta 119.

Come mi è stato detto da molti non si tratta solo di usanza e di buon costume, non fermarsi a rendere omaggio a San la Muerte è considerato presagio di sventura.
Tutti i devoti del Gaucho conoscono e rispettano la figura di San la Muerte per la relazione che li unisce. La storia difatti vuole che San la Muerte fosse il santo venerato da Antonio, da qui le molte immagini del Santo che impone le mani sopra la testa del suo devoto, o le statuette che li rappresentano insieme (figura 16). Però, L. e A., come molti altri, non sono devoti di San la Muerte ma lo rispettano in quanto tienen miedo (hanno paura). In questi mesi in Argentina non ho mai incontrato qualcuno che si professasse devoto di entrambe le figure, piuttosto mi pare di capire che solitamente si predilige indirizzare la propria fede e devozione su una delle due.

16. San la Muerte impone le mani sulla testa di Antonio. 

Il santuario principale sorge su di un grande campo dove si trovano anche alcuni altari dedicati al Gaucho, la Virgen de Itatì e San Jorge. Se il colore del Gaucho è il rojo quello di San la Muerte è indubbiamente il negro.
Prima di entrare nel santuario, una specie di lungo capannone in muratura da cui proviene della musica, mi imbatto in una statua del santo che si erge su di un soppalco con in mano l'immancabile falce (figura 17). Dinnanzi ad essa una piccola fila attende il proprio turno. Sulle pareti del santuario ci sono almeno quattro differenti raffigurazioni di San la Muerte: il santo che sovrasta il mondo; il santo e il Gauchito Gil; il santo in nero; e quello in bianco. Il pavimento è lastricato di lucentissime mattonelle bianche su cui si riflette la luce delle candele, tuttavia nessuna di queste è poggiata per terra. C'è uno spazio apposito sul fondo del santuario, davanti a una specie di stagno artificiale, sopra il quale si erge una teca di vetro che contiene una piccola statua (d'oro?) di San la Muerte. Sopra di essa un enorme crocifisso piangente sovrasta il tutto. Nel santuario conto sette statue differenti. C'è ne sono due in legno prive di protezione che rappresentano il santo in trono. Le persone gli accarezzano dolcemente il viso come si farebbe con una persona anziana, o gli poggiano la mano sulla testa mentre gli occhi di San la Muerte scintillano rossi, guarniti di qualche pietra preziosa, presumo (figura 18).

17. San la Muerte con in mano la falce. 

18. Devoto dinanzi a una statua di San la Muerte.

Un ragazzo con la fisarmonica suona un motivo allegro dinnanzi a una delle statue in legno, quasi come se quella fosse la sua offerta, il suo omaggio, mentre le persone ballano tutt'attorno (figura 19). Non posso fare a meno di notare che all'interno di altre due teche, che si trovano sulla parete destra e sinistra, sono lasciate in offerta una gran quantità di strumenti musicali, per lo più chitarre classiche o elettroniche. Ci sono anche molti coltelli con`orazioni e dediche incise sull'elsa, una spada, bottiglie di champagne, whisky e vino tra le più costose, coppe di tornei, sombreri colorati, soldi e almeno tre rolex. Tutto ciò include anche le offerte più comuni come sigarette, foto, placchette in metallo e bandiere.
C'è un'altra statua sull'angolo a sinistra inserita in una nicchia in pietra ma quella che attira di più la mia attenzione è una piccola statua in teca sulla destra. Anche questa, come la sopra citata sul fondo del santuario, pare essere completamente d'oro (figura 21). La statua è per metà ricoperta di offerte, esclusivamente catenine in oro e in argento, mentre sulla falce è posato un rolex d'oro.

19. Devoto con fisarmonica davanti ad una statua di San la Muerte.

Alla destra del santuario si accede ad un'altra stanza piuttosto stupefacente. Si tratta di una camera adibita esclusivamente alla raccolta di offerte. Ci sono un motorino, alcune biciclette appese al soffitto, tra le quali una da corsa, e una grandissima quantità di vestiti. Come ho modo di dedurre dalle molte lettere di ringraziamento, si tratta per lo più dei vestiti indossati dalle bambine per la festa dei loro quindici anni, la quinceañera (figura 20).

20. Stanza con le offerte.

Poco dopo mi riunisco con L., A. e M., quest'ultimo sta stringendo forte a sé una statuetta di San la Muerte e il Gauchito Gil compratagli dalla madre, mentre con occhi sognanti continua a ripetere: que hermosa mamà! (che bella mamma!). Ci rimettiamo in marcia e le mie speranze di un riposo quieto vengono vanificate nuovamente dalla musica in cassa e dai ragazzi che continuano a ballare nel vano del bus. Dopo qualche ora la stanchezza di questi tre giorni attanaglia anche loro e ci addormentiamo tutti.
Mi risveglio il mattino seguente, alle 6 del mattino del 9 Gennaio ed è solo dopo aver salutato L., A., M., gli autisti, le anziane signore, F. e il resto della compagnia ed aver toccato il letto che sento che questo pellegrinaggio si è concluso (figura 22).

21. Statuetta di San la Muerte nel santuario di Solari.

22. Foto di gruppo.


[1] Genere musicale folkloristico della regione del Río de la Plata, tipico di Argentina e dell’Uruguay.
[2] Genere di musica popolare del nord-est argentino.
[3] Tipico piatto argentino.
[4] I devoti collaborino con la pulizia.



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