"Affinché Lui ci ripaghi un giorno per tutta questa sofferenza"

La foto non riproduce le fattezze della donna intervistata

Il 29 giugno 2014 l'organizzazione terroristica IS (Stato Islamico) - precedentemente nota come ISIS (Islamic State of Iraq and Syria) - proclamava la nascita di un califfato nei territori occupati di Iraq e Siria. Con la battaglia di Mosul, Iraq (2016-2017), lo Stato Islamico viene sconfitto. 

Le interviste, condotte a maggio 2019, riportano le storie di donne siriane che hanno vissuto sotto il califfato dell'ISIS e che oggi vivono a Gaziantep, Turchia.

Intervista 4: donna

"Sono stata torturata dall'ISIS per quattro giorni. Sono stati giorni di morte... tutto il mio corpo adesso è pieno di cicatrici. Stavo tendendo i panni in terrazza, come sempre. Quando sono scesa in cucina qualcuno ha bussato alla porta con forza, allora mi sono coperta con il burka velocemente mentre mio figlio apriva la porta terrorizzato. Quando gli uomini sono entrati lo hanno spinto con tanta foga che lui ha sbattuto la testa sulle scale ed ha perso la vista da un occhio. Quando mi hanno sequestrata mi hanno spogliata e mi hanno fatto indossare un vestito tutto nero e leggero, mentre io piangevo perché non avevo idea di cosa mi avrebbero fatto. Mi hanno legato le mani in alto e hanno cominciato a frustrami sulla schiena e... no, basta, non ne voglio parlare.

Loro uccidevano i bambini se non andavano a pregare, gli tagliavano la testa e la mettevano dentro un pacco regalo che poi recapitavano alle famiglie. Se venivano a sapere di una ragazza particolarmente bella o la uccidevano, o le sfregiavano il volto. Se uno studioso del Corano pronunciava male una parte del libro, gli tagliavano la lingua.
Ci hanno portato via la televisione, la radio, i soldi, tutto. Anche le bambine di appena un anno non potevano uscire di casa, perché femmine.

Nel periodo in cui lo Stato Islamico non era ancora molto forte mia sorella stava camminando per la strada con il suo bambino ed una camionetta dell'ISIS gli è passata accanto. Il bambino stava urlando forte, allora mia sorella per farlo smettere gli ha detto: Wallah (giuro su Allah)! O la smetti o ti faccio portare via da questi uomini! Non so com'è possibile che l'abbiano sentita, ma l'hanno seguita fino a casa. Qualche giorno dopo il bambino stava giocando di fronte a casa e l'hanno rapito. Gli amici che hanno assistito alla scena hanno avvertito mia sorella e suo marito. Qualche giorno dopo hanno ricevuto i resti del figlio morto in un pacchetto regalo con un biglietto:

"Affinché la prossima volta tu non giuri nel nome di Allah".

Prego Allah perché nessuno sperimenti quello che ho sperimentato io e perché Lui ci ripaghi un giorno per tutta questa sofferenza".

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