"La metà del mio cuore"
Il 29 giugno 2014 l'organizzazione terroristica IS (Stato Islamico) - precedentemente nota come ISIS (Islamic State of Iraq and Syria) - proclamava la nascita di un califfato nei territori occupati di Iraq e Siria. Con la battaglia di Mosul, Iraq (2016-2017), lo Stato Islamico viene sconfitto.
Le interviste, condotte a maggio 2019, riportano le storie di donne siriane che hanno vissuto sotto il califfato dell'ISIS e che oggi vivono a Gaziantep, Turchia.
Intervista 2: donna, 50 anni
"Ho quattro figli e due figlie.
Avevamo una bella vita, non eravamo né ricchi, né poveri. Eravamo una famiglia normale. Ma ora mio figlio maggiore è in prigione in Siria. Aveva 18 anni, ora ne ha 26.
Stava camminando per strada per andare a lavoro quando un gruppo terroristico lo ha sequestrato nel 2012; essendo maggiorenne doveva diventare un soldato e combattere. Per un anno intero non ho avuto nessuna notizia di lui. Non sapevo se fosse vivo, se fosse in prigione, o se stesse combattendo in guerra. Quell'anno ho cercato di guadagnare più denaro possibile per pagare le persone e trovare informazioni su mio figlio. Poi finalmente ho scoperto che era detenuto in prigione, così ho assunto un avvocato per aiutarmi a tirarlo fuori. Ma a quel tempo Aleppo era divisa in due, due eserciti combattevano nel mezzo. Mio figlio e l'avvocato erano da una parte e io vivevo dall'altra. Se volevo andare dall'avvocato o a visitare mio figlio, dovevo attraversare la "linea della morte". Ma non potevo vivere sapendo che mio figlio era vivo in prigione e che non potevo vederlo, così ho deciso di rischiare la vita attraversando la linea diverse volte. Con me c'erano altre donne e uomini che cercavano di raggiungere l'altro lato della città. Le pallottole fischiavano sopra le nostre teste... non so come posso essere ancora viva. Un giorno, per esempio, c'era una donna con me che fu sbalzata diversi metri indietro dall'esplosione di una bomba. Dopo poche settimane era pieno di cadaveri che venivano mangiati dai cani e dai gatti.
Ricordo ancora quando la prima bomba cadde vicino alla mia casa, era il mese del Ramadan. Vivevo al terzo piano e la casa cominciò a oscillare come se ci fosse un terremoto, mentre le crepe si formavano sul muro. Molti dei miei vicini morirono quel giorno. Quando uscimmo per vedere cosa era successo, trovammo pezzi di corpi sparsi per tutto il quartiere, un dito, un piede, una testa... li abbiamo raccolti, li abbiamo portati al cimitero e abbiamo pregato. Un quindicenne che tornava dal lavoro quando vide questo massacro impazzì. Un altro giorno, un'ora prima dell'ifṭār (pasto serale che interrompe il digiuno quotidiano dei credenti durante il mese di Ramadan), un missile distrusse quattro quartieri in un colpo solo. Quando la guerra si è intensificata, hanno persino iniziato a sparare ai medici e a far saltare in aria le ambulanze, le scuole e gli ospedali. Quindi abbiamo cominciato a spostarci da un villaggio all'altro, ma quando raggiungevamo un posto sicuro il giorno dopo la guerra iniziava anche lì.
Stavamo aspettando la nostra morte.
Grazie a Dio siamo ancora vivi, dopo tutto. Grazie a Dio sono una donna forte. Ma mio figlio è ancora in prigione e non oso immaginare in quali condizioni. Quando rividi mio figlio per la prima volta, mi disse che ogni cella riceveva solo una bottiglia d'acqua al giorno, per bere e per lavarsi, e un bicchiere di farina per preparare qualcosa da mangiare. Tutto il denaro che ho guadagnato l'ho dato all'avvocato in modo che mio figlio potesse uscire il prima possibile, ma alla fine mi ha solo truffato rubando i soldi. Molte persone morirono di fame in prigione e se un prigioniero cercava di aiutare l'altro veniva ucciso. Ho pagato la polizia per cercare di aiutare mio figlio, ma si tenevano più della metà del denaro.
Tre anni fa sono riuscito a tornare in Siria per visitare mio figlio e ho pagato un sacco di soldi solo per passare mezz'ora con lui. Quando l'ho visto non l'ho riconosciuto, il suo ventre era gonfio di fame. La polizia continuava a dirmi "questo è tuo figlio" ma io continuavo a pensare: no, è impossibile, cosa avete fatto a mio figlio? E mio figlio mi ha detto: "mamma, sono io!".
Se non pagherò 3.500 lire siriane entro la fine di quest'anno, gli daranno altri quattro anni e sei mesi. Mio figlio ha già passato tutta la sua giovinezza in prigione...
Potrei fare qualsiasi cosa per lui. Il mio unico desiderio è rivederlo. Ho paura di morire senza vederlo un'ultima volta. Mio marito e gli altri miei figli stanno bene, sono protetti qui ma mi manca la metà del mio cuore. Se lo vedessi un'ultima volta e poi morissi, sarei comunque felice. Morirei felice.
Non augurerei quello che ho passato io al mio peggior nemico".
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