La cucina

La cucina è un forno. 
Appena entro nella stanza un vapore caldo e umido mi invade. Al centro una quindicina di donne si affaccendano intorno ad un tavolo, operose e scattanti come delle api. 
Una donna corpulenta mi si avvicina con un ampio sorriso chiedendomi se voglio un caffè - tè - rispondo. Il suo volto si illumina e con fare compiaciuto mi batte una mano sulla spalla come a dire: ti sei già ambientata eh. In quattro giorni dal mio arrivo in Turchia credo di aver già bevuto una ventina di tè: verde, alla menta, al limone, a colazione, pranzo e cena. Temo che quando tornerò in Italia sarò composta di acqua e di tè. 


Tutte le donne indossano
hijab di vari colori e stili differenti. G., una ragazza turca, mi mostra come il suo hijab è composto da tre strati differenti. 
Alcune donne mi parlano in arabo, altre in turco, qualche ragazza più giovane in inglese, l'altra volontaria che mi accompagna in spagnolo, tutte sanno qualche parola in italiano e con un timido sorriso mi rivolgono un "buongiorno" incerto a cui rispondo con un "brava!". 
Mi ritrovo a pensare al libro di Gino Strada, "Pappagalli verdi", dove tempo fa avevo letto che parlare un po' molte lingue è meglio che conoscerne bene una sola e adesso non potrei essere più concorde con te Gino. Così, sebbene non capisca molto, rispondo a tutte shukran o tesekkurler: grazie in arabo e in turco. Ma in cucina non c'è bisogno di molte parole, il linguaggio non verbale arriva là dove la mia scarsa conoscenza linguistica non può arrivare. Con sguardi di intesa e gesti esplicativi mi intimano a stendere la pasta con il matterello: yalla, yalla!


L'odore inebriante delle spezie avvolge ben presto tutta la cucina. Le donne discutono animatamente, ma in modo amichevole, su ogni minima quantità di sale, olio, curcuma o cumino da aggiungere alle pietanze. Prepariamo dei fagottini fritti ripieni di patate, cipolla e pollo. Dopo è la volta dei frollini al cioccolato e l'immancabile pistacchio. 
Le donne ridono, cantano, battono le mani. 
Ci sediamo intorno al tavolo e mangiamo con gusto. 
Loro parlano, parlano e anche se non capisco una singola parola addento il mio squisito fagottino e sorrido, godendomi in silenzio la bellezza della diversità.





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